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Come denunciare un molestia sessuale in ambito lavorativo durante una conversazione via WhatsApp?

Un nuovo strumento affinché le donne possano combattere le molestie sessuali in ambito lavorativo via WhatsApp #MeToo

La situazione

Uno dei temi più presenti e rilevanti ultimamente nei Social Networks è la denuncia della molestie sessuali che subiscono le donne in ambito lavorativo. Basta vedere con che frequenza si ripetono parole come #metoo, Time’s Up nei media.

I Social Networks, grazie alla loro enorme libertà, facilità di diffusione e quasi-assenza di filtri, in questo caso hanno aiutato a dare voce a molte donne che denunciano, senza paura, la molestia di cui sono state vittime, operando come una enorme cassa di risonanza. Come una palla di neve, la voce di denuncia delle donne è progressivamente cresciuta col passare del tempo in molti paesi e, grazie al fatto che la società comincia ad essere cosciente della dimensione del problema, finalmente si sta cominciando a decidere di denunciare apertamente le molestie sessuali in ambito lavorativo.

Diamo alcuni cenni storici, l’hashtag #metoo si riferisce a un movimento sociale dell’ottobre 2017, reso celebre dalla attrice Alyssa Milano, nato con lo scopo di denunciare l’aggressione e molestia sessuale; ciononostante già 10 anni fa questo hashtag fu utilizzato per la prima volta dalla attivista sociale Tarana Burke.

Anche se questa voce si è alzata dal mondo dello spettacolo, qualsiasi donna può essere vittima di questo tipo di molestia, indipendentemente dal settore lavorativo in cui si trovi.

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Essere vittima di questo tipo di molestia mette le donne in una posizione molto difficile. Visto che il molestatore si approfitta della sua posizione di potere, la donna può soffrire una situazione di impossibilità di difesa su tutti i fronti, non solo perché  ha subito la molestia, ma anche perché si sente senza protezione di fronte al ricatto, per paura di perdere il posto di lavoro, per non poter accedere a promozioni, per paura di subire mobbing in futuro.

Molto spesso questo tipo di molestia si materializza nei canali di comunicazioni privati, o considerati tali, come le chat WhatsApp con testi, messaggi vocali, foto e video. Un tipico esempio può essere il seguente: “Il posto può essere tuo, sei la candidata perfetta, però è meglio parlarne con calma cenando in casa”

Grazie all’attenzione pubblica fornita dai Social e, in conseguenza, dai mezzi di comunicazione tradizionali come televisioni o riviste o giornali,  una donna che subisce questo tipo di molestia può ora non sentirsi così sola e decidere di denunciare; inoltre esiste a sua disposizione uno strumento che la può  aiutare al momento di produrre prove che dimostrino le sue affermazioni.

Il punto di vista legale

Contrariamente a quello che si possa pensare, a livello legale non basta presentare uno screen-shot del WhatsApp o mostrare dal proprio Smartphone il contenuto di una conversazione intercorsa dopo vari mesi, a meno che questi messaggi non fossero stati inviati a un gruppo e gli altri partecipanti del gruppo possano testimoniare la veridicità del contenuto e la data dei messaggi in questione.

A causa delle varie impugnazioni di questo tipo di prova via WhatsaApp, nelle varie sedi giudiziali si è presa coscienza del fatto che esse sono facilmente manipolabili e inoltre non hanno data certa, due fattori fondamentali affinché  una prova di questo tipo abbia efficacia  probatoria.

Come complicazione ulteriore, la piattaforma di chat WhatsApp non permette all’ Autorità Giudiziaria la possibilità d’intercettazione delle comunicazioni, come invece può  ordinare nel caso tradizionale delle comunicazioni telefoniche o sms. Questo succede perché  le comunicazioni fra i terminali WhatsApp sono cifrate direttamente dai dispositivi degli utenti e non esiste copia del transito dei messaggi cifrati nei loro server (non si può  infatti estrarre il contenuto di una comunicazione cifrata anche se venisse intercettata). Siamo quindi di fronte ad un nuovo sistema complesso, distribuito e cifrato.

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Del rischio di manipolazione  delle chat si sono gia occupati i giudici della Corte di Cassazione Italiana e del Tribunale Supremo Spagnolo, oltre che di altre corti Europee. Tutte le corti sono giunte alla stessa conclusione: non basta a provare la molestia la sola esibizione in giudizio della chat estrapolata dal proprio cellulare senza l’intervento di un perito o di una CTU (Consulenza tecnica d’ufficio).

IT – Corte di Cassazione, Sez. QUINTA PENALE, Sentenza n.49016 del 25/10/2017 (ECLI:IT:CASS:2017:49016PEN), udienza del 19/06/2017,- link qui

ES – Tribunal Supremo (nº300/2015, de 19 de mayo, ROJ: STS 2047/2015 – ECLI:ES:TS:2015:2047) –enlace oficial al Tribunal Supremo aquí

Una maniera rapida, economica e molto efficacie di ottenere che le conversazioni via WhatsApp abbiano rilevanza legale dal momento della ricezione, è quella di certificare la conversazione a mezzo di un video ed inviarlo a un certificatore istituzionale il prima possibile.

Il protocollo da seguire

Il protocollo da seguire per ottenere l’integrità (che significa che si ha la possibilità di scoprire se è stato manipolato), la data certa (non-posteriorità), la non-anteriorità e la certificazione di un’autorità istituzionale è il seguente:

 

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  1. Procurarsi un altro Smartphone o dispositivo per filmare che non sia il cellulare dove si trovano i messaggi di WhatsApp in questione.
  1. Ricordare a memoria o annotarsi il titolo principale odierno di un quotidiano importante locale o internazionale (servirà nel punto 4).
  1. Aprire la conversazione WhatsApp che si intende certificare nel cellulare dove risiede la prova.
  1. Fare un video dove ti identifichi mostrando il tuo volto chiaramente, recitando il titolo principale di una notizia odierna e immediatamente dopo mostrando i numeri WhatsApp di chi invia e di chi riceve, quindi scorri la conversazione pertinente e termina il video. Tutto deve essere contenuto in un unico video.
  1. Nel minor tempo possibile certificare il video con una marca temporale emessa da un certificatore Europeo accreditato qualificato e avanzato.
  1. Archiviare il video e la sua marca temporale associata per poterla presentare come prova o per negoziare quando necessario.

 

 

 

 

 

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Seguire questo protocollo è utile per vari aspetti: nella negoziazione con chi è responsabile della molestia, nella negoziazione fra avvocati e, da un punto di vista probatorio, in caso di presentazione della prova in giudizio.

Con questo procedimento una donna molestata può sentire di poter contare su un elemento in più per difendersi ed esercitare ulteriore pressione affinché  non si verifichino future rappresaglie e che la sua prova non si possa invalidare o impugnare facilmente in un giudizio.

Conclusione

In conclusione, in questo momento di cambiamenti sociali, nuovi strumenti come la certificazione delle conversazioni WhatsApp, permettono di aggiungere un piccolo contributo alla lotta contro questi casi, sfortunatamente ancora così frequenti.

È un tema estremamente complesso e delicato. Con questo post cerchiamo di contribuire a proteggere gli interessi legittimi delle donne che subiscono le molestie sessuali, usando i nuovi strumenti che nascono dall’impulso delle nuove leggi dell’Unione Europea.

 

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Mario Scalabrino

Mario ama scrivere articoli, ama condividere la conoscenza specialmente se può avere qualche impatto sociale o culturale. Visto che detesta le notizie false, verifica sempre con cura le fonti dei suoi articoli. È un entusiasta della scienza, della natura, del ballo, delle feste e delle persone, però non necessariamente in quest’ordine. Imprenditore di alte tecnologie, consulente forense, laureato in Ingegneria Elettronica, master in Mediazione e Risoluzione di Conflitti. Ex direttore internazionale di vendite di software ed ex ufficiale dei Carabinieri nel Reparto Investigazioni Scientifiche Forensi (RIS) di Parma. Ama le persone che dimostrano tolleranza, uguaglianza e rispetto per tutti. Segui Mario su LinkedIn o su Twitter
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